Un viaggio in India
India. Paese di contrasti stridenti, di bellezza e miseria, di colore e grigio polveroso che tutto ricopre e uniforma, dalle piante alle persone, di alta spiritualità e becero consumismo, di follia e irrazionalità, di cinismo e generosità, di povertà estrema e ricchezza smodata. Gli odori e i colori sono i primi ad essere percepiti, ovviamente, e una volta che hai cominciato ad accettarli come inevitabili, sei già catturato e sai che sarà difficile tornare alla realtà ordinata, noiosa e banale, quasi svizzera, dell’Italia. Sono appena tornata da un meraviglioso e impegnativo viaggio di 18 giorni in India e queste sono le prime impressioni a caldo.
Il Taj Mahal Hotel a Mumbai |
Una delle tante carrozze che portano in giro i turisti piene di luci, fiori e rivestite di metallo decorato a sbalzo |
Le tappe: Mumbai, Rajastan (Udaipur, Dungarpur, Pushkar, Jaipur), Abanheri, Fatehpur Sikri, Agra, Delhi, Goa. Tranne due (Mumbai/Udaipur e Delhi/Goa), tutti gli altri spostamenti sono avvenuti in macchina con autista perché gli indiani di tutte le età e di ogni ceto sociale GUIDANO COME PSICOPATICI incoscienti e chiunque di noi al volante dopo qualche metro si schianterebbe. Per dire, in quella che noi chiameremmo autostrada può capitare un tir, un carro con cavalli o una moto che ci punta in contromano e ci scarta all’ultimo istante. Oppure uno scooter, un bambino o una mucca che attraversano placidamente… o macchine e risciò che decidono di invertire il senso di marcia o di svoltare per raggiungere il villaggio che costeggia la strada. Tutti suonano i clacson (il motto dipinto a mano sul retro dei mezzi più grandi è “please horn ok”!!) incessantemente e per qualunque ragione. Insomma uno stress pazzesco che un occidentale, sembra incredibile, fa fatica a sostenere.
Il City Palace, Udaipur |
Il tramonto sul lago Pichola dalla terrazza dell’hotel a Udaipur |
Apparentemente non esistono regole… cioè, ci sarebbero ma nessuno le rispetta. In realtà tutto è “disciplinato” da una sorta di codice non scritto che sottende alla legge del più grosso, nel senso che qualunque sia la situazione, ha la precedenza il mezzo più imponente. Non importa se sta invertendo senso di marcia in autostrada, se sta per venirti addosso contromano o se sta per superarti alla tua sinistra!
Sulla destra si intravvede un camion che, incurante del traffico, attraversa la superstrada affollata |
La corte interna dell’Udai Bilas Palace, eretto nel XIII secolo e oggi heritage hotel, affacciato sul lago Gaibsagar, a un centinaio di chilometri da Udaipur |
A parte questo dettaglio, i posti sono talmente meravigliosi e suggestivi che vale la pena soffrire un po’ per raggiungerli. A Mumbai abbiamo dormito, mangiato e bevuto nei luoghi descritti dal romanzo Shantaram. In Rajastan abbiamo ammirato la magnificenza dei palazzi sull’acqua antichi di Udaipur e Dungarpur.
La piscina dell’Udai Bilas Palace |
Il palazzo Juna Mahal (XIII sec.) a Dungarpur |
Il pavimento della stanza degli specchi della maharani nel Juna Mahal Palace a Dungarpur |
Il Wind Palace, in realtà è solo una facciata con minuscole stanze dalle quali le donne potevano guardare fuori senza essere viste |
Uno dei giganteschi strumenti di misurazione del Jantar Mantar, osservatorio astronomico costruito nel XVIII secolo a Jaipur |
Abbiamo respirato la magia dei mercati di piccoli paesi sconosciuti dove i locali ti chiedono di scattargli una foto e ti offrono le loro merci a pochi centesimi. Ci siamo persi nelle splendide e immense città fortificate come quella di Fatehpur Sikri. Abbiamo trattenuto il respiro scendendo i gradini dello straordinario pozzo di Abanheri. Siamo rimasti incantati dalla bellezza abbagliante del Taj Mahal di Agra che un principe ha fatto edificare in onore della sua sposa morta dando alla luce il loro 14esimo (!) figlio. Abbiamo gustato i fantastici piatti delle cucina indiana pranzando in straordinarie dimore coloniali.
Una veduta della città fortificata di Fatehpur Sikri edificata intorno al 1573, per sostuire Agra come capitale dell’Uttar Pradesh, e abitata solo per una decina d’anni |
Cambia a ogni ora del giorno il colore del Taj Mahal (Agra), straordinario esempio di architettura moghul. Qui erano le sette di una freddissima mattina |
Abbiamo imparato a cucinare curry, chai, paneer e molto altro da una maestra/cuoca speciale, Shashi, una donna incredibile che ha avuto un’idea geniale – una scuola di cucina per stranieri – e amici veri che l’hanno aiutata a realizzarla. Ovunque ci siamo appassionati a contrattazioni senza fine nei mercatini e nelle botteghe per poi alla fine comprare solo un piccolo souvenir. Insomma un’avventura molto stancante ma piena di cose, eventi, persone da raccontare e ricordare per tutta la vita con gioia e gratitudine.
Gate of India, Delhi |
L’hotel Jyoti Mahal dove abbiamo soggiornato a Delhi |
Dopo tanta iperattività abbiamo avuto il nostro meritato premio finale, cinque giorni di pigro oziare sotto il sole tropicale delle spiagge di Goa, che non per niente è definita “light India”, un’India all’acqua di rose, dove tutto è più tranquillo, rilassato e i contrasti tendono a smorzarsi. Qui guidano più tranquilli, tanto che le strade sono affollate di occidentali in sella a motorini e Royal Enfield, stupende moto genere Easy Rider. Ma questa è un’altra storia.
Ludovica Scalzo