Io, il corpo e gli altri
Il corpo è il nostro biglietto da visita per il mondo; è l’immagine con cui verremo identificati dagli altri per tutta la vita; non lo scegliamo, semplicemente accade. Il nostro corpo è esposto continuamente ad un mondo che lo giudica, lo guarda, lo studia, a volte lo trasforma e poiché viviamo attraverso il corpo ci prendiamo cura di lui. Se il corpo è davvero il nostro tempio, qual è il momento preciso in cui diventa nostro nemico? Perchè ci fa soffrire così tanto? Perchè non sempre ci rappresenta?
Senza entrare nello specifico delle patologie che sono portatrici di una complessità che va pensata con cura, il problema corpo nasce nel momento in cui l’identificazione con esso è totale, perciò il piacere o il non piacere agli altri dipende esclusivamente da come la persona appare: se ho il naso storto, vuol dire che io sono il naso storto, se le mie gambe sono corte, vuol dire che io sono corta. Se l’immagine riflessa nello specchio non mi piace, anche il mio essere non mi piace e purtroppo si pensa che non piacerà neanche agli altri e dal giudizio degli altri dipende, nella nostra società, la felicità.
Nella mia esperienza di educatrice ho notato che mentre i bimbi molto piccoli usano il corpo come strumento di conoscenza del mondo esterno e di sé stessi, toccando gli oggetti, mordendoli, annusandoli, osservando ciò che gli circonda e guardandosi allo specchio, gli adolescenti attraversano una fase molto autocritica nei confronti del loro corpo, perché il loro obiettivo è piacere agli altri, in tutti i modi possibili, così da sentirsi accettati, integrati nel gruppo; si entra in contatto con la propria imperfezione; ma se si parla di imperfezione vuol dire che “qualcuno” ha stabilito o definito cos’è la perfezione del corpo attraverso un sistema di valori che sono diventati il nostro modo di pensare e che continuano a funzionare in noi in maniera del tutto automatica. La magrezza è un valore estetico positivo per esempio, la grossezza è un valore estetico negativo; l’essere troppo alti o troppo bassi può essere considerato come un handicap e condiziona la scelta delle nostre passioni, per esempio sento dire molto spesso: “Sono troppo alta per studiare danza, troppo bassa per giocare a pallavolo”; così pian piano, interiorizzando questo modo di pensare, il corpo diventa un impedimento, ciò che non mi permette di essere e fare quello che voglio; socialmente vengono definiti i canoni che ci dicono cosa possiamo o non possiamo fare; ad esempio è noto che la modella deve essere magra, la ballerina deve essere bassa e magra, il giocatore di pallavolo deve essere alto. I canoni di perfezione si allontanano sempre più da noi ed il senso di inadeguatezza nei confronti del mondo persiste: non siamo mai come vogliono gli altri e perciò non possiamo piacere agli altri. A questo punto il condizionamento che deriva dal giudizio esterno su di noi diventa totale ed è qui che bisogna intervenire.
Se è l’idea a creare l’immagine del corpo perfetto, un’attenta riflessione può modificare l’idea e quindi il pensiero stesso, col fine di raggiungere una visione più realistica di sè e del proprio corpo. Inneschiamo una vera e propria rivoluzione che porta all’ascolto dei nostri bisogni e al modo di stare bene nel corpo secondo la sua forma e struttura. E da questa nuova consapevolezza nascono nuove libertà di essere e sentire: se piaccio a me stessa, non è indispensabile che io piaccia agli altri e non lascerò che la mia felicità dipenda da un giudizio!
Perciò esercitiamo il pensiero al cambiamento.
Chiara Bitella, educatrice